Il papà di Imane Khelif esprime la sua indignazione: la creazione di sua figlia è un dono divino e Meloni non doveva pronunciarsi in quel modo.

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A cura di Redazione
14 settembre 2024 08:43
Il papà di Imane Khelif esprime la sua indignazione: la creazione di sua figlia è un dono divino e Meloni non doveva pronunciarsi in quel modo.
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Il papà di Imane Khelif: “Dio l’ha creata donna. Meloni non doveva dire quelle cose”

ROMA – Le polemiche attorno alla pugile Imane Khelif, oro olimpico a Parigi 2024, non si placano nemmeno dopo il suo trionfo. Recentemente, sui social sono circolate immagini generate con intelligenza artificiale che ritraevano la giovane atleta in pose discutibili, alimentando ulteriormente il dibattito sulla sua identità di genere.

Omar Khelif, padre della pugile, ha risposto con fermezza alle controversie sollevate, affermando che “Dio l’ha creata donna ed è rimasta una donna”. Le sue dichiarazioni, rilasciate durante un’intervista a Repubblica nel paesino natale della figlia, hanno colto l’attenzione pubblica. Omar ha anche chiarito che “non è una trans e non è mai stata un uomo”, sottolineando le posizioni della cultura e della religione islamica riguardanti tali tematiche.

Le affermazioni di Meloni, secondo cui Khelif, a causa dei suoi livelli di testosterone, non dovrebbe competere in gare femminili, hanno suscitato la reazione del padre. “Giorgia Meloni non avrebbe dovuto abbassarsi a dire quelle cose”, ha commentato, esprimendo il suo disaccordo rispetto alle dichiarazioni della premier.

Imane Khelif, 25 anni, è la prima di nove figli e ha dovuto affrontare molte difficoltà per arrivare alla sua attuale fama: “Raccoglievamo bottiglie di plastica e pezzi di ferro da rivendere per tirare su i soldi per il biglietto del pullman”, ha raccontato Omar, descrivendo il duro percorso della figlia nella boxe, iniziato all’età di 15 anni e alimentato dalla sua passione e determinazione.

La sua storia è diventata fonte d’ispirazione per molte giovani di tutta l’Algeria, specialmente per quelle che desiderano praticare la boxe indossando il velo. Malika Abassi, allenatrice presso una palestra algerina, ha sottolineato l’effetto Khelif: “Un anno fa le ragazze erano una quindicina. Ora siamo a più di quaranta. Non so se riusciremo a soddisfare tutte le domande”.

Il caso di Imane Khelif, quindi, non rappresenta solo un trionfo sportivo, ma anche un forte messaggio di empowerment e resistenza per molte giovani donne, destinate a combattere non solo nel ring, ma anche contro i pregiudizi e le incertezze della società.

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