Profughi raccontano torture da incubo in Libia | L'Albania è davvero la soluzione 'made in Italy'?

Scopri la realtà del Cpr di Gjader, dove i migranti raccontano storie di torture e speranze infrante. Un viaggio tra diritti negati e risposte da cercare. 🌍✋🏼

A cura di Redazione
17 ottobre 2024 20:51
Profughi raccontano torture da incubo in Libia | L'Albania è davvero la soluzione 'made in Italy'?
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Albania: la missione di monitoraggio nel centro di Gjader “made in Italy” denuncia condizioni inaccettabili

GJADER (Albania) – La delegazione di parlamentari italiani in visita al Centro per il rimpatrio (Cpr) di Gjader ha espresso forti criticità riguardo alle condizioni in cui vivono i migranti, descrivendo l’installazione come un “lager.” “È esattamente quello che ci aspettavamo di vedere: un Cpr all’italiana, cemento e gabbie, un luogo che annichilisce le persone perché pensato per fargli fare una cosa sola: niente,” ha dichiarato Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.

La missione, che include anche Riccardo Magi di +Europa e altri esponenti della sinistra italiana, ha avuto come obiettivo quello di monitorare il centro dove sono stati trasferiti 12 migranti bengalesi e egiziani, arrivati dall’hotspot di Shengjin. Le testimonianze di questi migranti raccontano storie strazianti di torture e abusi subiti in Libia, confermando le preoccupazioni sui metodi di gestione dei flussi migratori.

Situato a un’ora di distanza a nord di Tirana, il Cpr di Gjader è sostenuto finanziariamente e giuridicamente dall’Italia, creando un contesto complesso di responsabilità. “Siamo qui da sei mesi,” hanno dichiarato alcuni agenti di polizia di Stato presenti all’interno del centro, che rispondono alla direzione italiana. L’amministrazione del centro ha iniziato a operare in base a un protocollo firmato dal governo di Giorgia Meloni nel novembre dell’anno scorso, ma le criticità nella gestione sono emerse fin da subito.

Da 16 migranti inizialmente trasferiti, solo 12 sono rimasti nel centro, ma la situazione potrebbe ulteriormente complicarsi, poiché il Tribunale di Roma deve convalidare il trattenimento degli stessi. Se il decreto di rimpatrio viene confermato, i migranti sarebbero costretti a tornare in Italia.

Le gravi lacune sistemiche sono state evidenziate da Scarpa, che ha sottolineato come la selezione dei migranti si basi su criteri superficiali: documenti e stato di salute, senza considerare aspetti psicologici o altri fattori critici.

Le testimonianze raccolte dai parlamentari hanno rivelato esperienze terribili. “Tutti quelli con cui abbiamo parlato… ci hanno detto di essere passati per la Libia e i trafficanti. Sono stati nelle prigioni e hanno subito torture.” Scarpa ha menzionato anche un caso particolare di un disertore egiziano, per il quale il rimpatrio rappresenterebbe un rischio mortale.

Inoltre, è emerso un dettaglio inquietante: uno dei migranti ha dichiarato di aver visto la costa di Lampedusa prima di essere trasferito. “Se avessi saputo che mi avrebbero portato qui, mi sarei tuffato per raggiungere l’Italia a nuoto,” ha affermato, scavando ulteriormente nella complessità della questione migratoria e dei trasferimenti avvenuti.

I parlamentari, intenzionati a fare chiarezza, hanno posto interrogativi sui dettagli logistici dei trasferimenti, chiedendo accesso a tracciati navali e altre documentazioni. In un contesto dove i diritti umani sembrano al secondo posto, è evidente che la situazione a Gjader richiede un’attenzione immediata e approfondimenti urgenti.

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