Trump cede l'Unesco alla Cina | Ecco perché questo potrebbe cambiare il destino culturale globale!
Scopri come l'uscita degli USA dall'UNESCO ha aperto la strada alla Cina per dominare la scena culturale mondiale. Un cambio di gioco geopolitico! 🌍🇨🇳✨

La Resa Culturale Americana: Trump e il Destino dell’UNESCO
ROMA – Con l’uscita degli Stati Uniti dall’UNESCO, l’agenzia dell’ONU per l’educazione, la scienza e la cultura, si delinea un cambiamento geostrategico che solleva interrogativi sul futuro dell’influenza culturale americana. Pechino ha colto l’occasione per rafforzare la propria posizione, trasformando l’organizzazione in una vetrina per il proprio soft power.
Oggi, l’UNESCO si presenta non semplicemente come un catalogo di luoghi da esplorare, ma come un vero e proprio campo di battaglia per l’egemonia culturale. Mentre i patrimoni culturali vengono utilizzati come strumenti di legittimazione politica, le voci delle minoranze si fanno sempre più deboli, spesso nel nome di una diplomazia apparente. La Cina, con grande abilità , si muove infiltrando uomini chiave e raggiungendo accordi strategici, sempre con lo sguardo rivolto alla diffusione della propria narrativa globale.
Un funzionario cinese occupa attualmente il ruolo di vicedirettore generale dell’agenzia, sembra che abbia conquistato tale posizione più con favori politici che con un curriculum impressionante. Questa realtà denota un cambio di guardia che è tanto preoccupante quanto significativo.
Per decenni, gli Stati Uniti erano i principali finanziatori di quest’organizzazione, ma un lento e costante disimpegno ha aperto la strada a Pechino. Le accuse di pregiudizio anti-israeliano e una serie di tagli ai finanziamenti hanno gradualmente portato Washington a ritirarsi, lasciando così spazio e visibilità alla Cina, che ora è pronta a diventare il principale donatore economico e leader nelle nuove strategie globali.
I patrimoni culturali cinesi, come quelli situati in Tibet e Xinjiang,ici vengono promossi sotto l’egida di “caratteristiche cinesi”, ma questo avviene in contesti in cui la repressione etnica è una realtà quotidiana. L’UNESCO, teoricamente impegnata nella tutela della diversità culturale, ha mostrato un silenzio assordante mentre il governo cinese modificava pacificamente un palazzo sacro dei Dalai Lama, aggiungendo elementi architettonici in stile han.
Un altro punto critico riguarda l’intelligenza artificiale, in cui la Cina ha saputo inserire i suoi interessi all’interno di collaborazioni con l’UNESCO. In particolare, una partnership con l’azienda iFlytek, già sotto accusa per il suo coinvolgimento nella sorveglianza in patria, pone interrogativi sui valori etici e morali di tali alleanze internazionali. L’ambasciata cinese a Washington ci tiene a sottolineare che le organizzazioni internazionali non sono strumenti di giochi geopolitici, ma David Killion, ex ambasciatore americano all’UNESCO, avverte che abbiamo ceduto un’influenza culturale fondamentale a una potenza autoritaria.
Seguendo la sua linea politica di “America First”, Trump ha optato per il ritiro da molteplici organismi multilaterali, tra cui anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità , smantellando agenzie vitali come quella per lo sviluppo internazionale. In un’epoca in cui il soft power gioca un ruolo sempre più cruciale, questa strategia risulta non solo rischiosa, ma potenzialmente svantaggiosa per la proiezione culturale degli Stati Uniti nel mondo.
In conclusione, il destino dell’UNESCO e, più in generale, della cultura mondiale, sembra ora dipendere da una leadership che meno della metà dei paesi liberali vorrebbero. Il campo di battaglia culturale si fa sempre più complesso, e la sfida per gli Stati Uniti è quella di riscoprire e riconquistare la propria influenza in un panorama che è in rapida evoluzione.