Un chimico in trappola a Gaza | Perché il governo italiano deve intervenire subito per salvare una famiglia in crisi?

Appello disperato da Gaza: Nahed chiede aiuto all'Italia per salvare la sua famiglia. La guerra continua e la speranza svanisce. 🌍💔🕊️

A cura di Redazione
22 agosto 2025 16:13
Un chimico in trappola a Gaza | Perché il governo italiano deve intervenire subito per salvare una famiglia in crisi? -
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Gaza, l’appello disperato di Nahed al governo italiano: “Salvate la mia famiglia”

ROMA – “Aiutatemi a lasciare Gaza, devo mettere in salvo la mia famiglia”. È con queste parole cariche di angoscia che Nahed Akkila, chimico farmaceutico di origini palestinesi, lancia un accorato appello all’Italia per ottenere la possibilità di fuggire dalla Striscia di Gaza, tormentata da mesi di conflitto.

Nahed non è solo: con lui ci sono la sua moglie e i suoi tre figli, di 8, 10 e 12 anni. “I miei bambini mi chiedono ogni giorno quando finirà questa guerra. Hanno dovuto vedere morire tutti i loro amichetti”, racconta, descrivendo il dramma che vive quotidianamente. La famiglia, costretta a vivere in condizioni precarie, ha già dovuto affrontare la tragedia della morte del padre di Nahed poche settimane dopo l’inizio del conflitto. La situazione è diventata insostenibile: “Quando li ho trovati, vivevano accampati in una stazione di benzina. Siamo stati sfollati lì per più di un anno”.

Il ritorno a Gaza si è rivelato un incubo. Nahed aveva deciso di rientrare nella Striscia a marzo 2024, quando la situazione sembrava meno tragica. Due mesi dopo, però, l’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi, rendendo impossibile per lui e la sua famiglia lasciare il territorio. “Negli Emirati mi aspettano. Potrei costruirmi una nuova vita”, dice Nahed, ma il permesso di uscita è un miraggio. Le autorità israeliane controllano il confine e finora chi ha potuto lasciare Gaza lo ha fatto solo attraverso mediazioni complesse.

“Devono aiutarci”, sostiene Nahed. Non saranno sufficienti per lui né le promesse di un futuro migliore, né il visto d’ingresso per la sua famiglia, la cui validità scade tra due mesi. “Ho raggiunto il numero massimo di volte in cui si può rinnovare. Se non riesco ad uscire, rischio di perdere tutto”.

Nel cuore della crisi, Nahed teme che la sua famiglia possa soffrire ulteriormente. “Devo davvero aspettare che mia moglie o i miei figli siano feriti per avere una possibilità?”, si chiede, consapevole che ogni giorno che passa è un giorno in più di sofferenza.

La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è drammatica. Le Nazioni Unite hanno avvertito della presenza di una carestia completamente causata dall’uomo, sottolineando come oltre 641mila persone, di cui 132mila bambini sotto i 5 anni, siano a rischio di condizioni catastrofiche. Il conflitto, infine, continua a mietere vittime e a distruggere vite innocenti.

Mentre il governo israeliano annuncia piani di attacco su Gaza City, la voce di Nahed si unisce a quella di tanti altri, chiedendo con urgenza un aiuto concreto. “Aiutatemi a portarli via di qui”, conclude con un tono di disperata speranza. In questo contesto di paura e incertezza, l’appello di Nahed rappresenta una realtà cruda e necessaria da ascoltare.

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