Israele promette di non usare "forza letale" | Ma cosa nasconde realmente questa dichiarazione?

Tensione alta per la Global Sumud Flotilla: Israele promette di non usare forza letale, ma i timori di un blitz restano. 🚤⚠️ Scopri di più!

A cura di Redazione Redazione
29 settembre 2025 07:37
Israele promette di non usare "forza letale" | Ma cosa nasconde realmente questa dichiarazione? -
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Israele non userà “forza letale” durante l’arrivo della Global Sumud Flotilla

ROMA – La tensione cresce attorno alla Global Sumud Flotilla, che ha avviato un’importante missione umanitaria diretta a Gaza. A meno di due giorni dall’arrivo nella zona di mare controllata da Israele, il rischio di un intervento da parte delle forze armate israeliane (IDF) è particolarmente elevato. Negli ultimi giorni, ci sono stati segnali di aggressione, tra cui l’impiego di droni e bombe sonore, suggerendo che un attacco sia imminente.

Il governo italiano ha intensificato gli appelli affinché la Flotilla interrompa la navigazione, esprimendo preoccupazioni circa possibili conseguenze imprevedibili. Guido Crosetto, Ministro della Difesa, ha affermato che i rischi legati a una possibile forzatura del blocco navale sono “non gestibili”. Nella giornata di ieri, il Ministro ha incontrato diplomaticamente la portavoce della Flotilla, mentre l’ambasciatore italiano a Tel Aviv, Luca Ferrari, ha avuto colloqui con il presidente israeliano Isaac Herzog.

Israele ha garantito che non verrà impiegata “forza letale”, un’affermazione che ha generato un certo ottimismo tra gli attivisti a bordo della Flotilla. Herzog ha informato l’Italia che l’IDF agirà per proteggere la vita dei naviganti. Tuttavia, la situazione rimane tesa, poiché si prevede che le forze israeliane non adotteranno un atteggiamento passivo in caso di tentativi di violazione del blocco navale, attuando un’operazione di abbordaggio.

Nel mese di giugno scorso, un caso simile ha visto la nave Madleen, con a bordo attivisti come Greta Thunberg, essere bloccata e sequestrata senza ricorrere alla violenza letale. Nel 2010, però, l’approccio era stato ben diverso. La Gaza Freedom Flotilla, composta da sei imbarcazioni, intraprese un’operazione che portò a una tragedia: durante l’intervento israeliano, nove attivisti furono uccisi.

Il drammatico evento del 31 maggio 2010 rimane una ferita aperta. Le sei navi, tra cui la Mavi Marmara, si dirigevano verso Gaza con un carico di 10.000 tonnellate di materiali di costruzione quando furono intercettate. L’operazione delle forze israeliane si tradusse in un conflitto violento, culminando con nove morti e feriti. Un’indagine dell’ONU definì l’intervento israeliano come “sproporzionato” e in violazione delle leggi internazionali.

Il futuro della Flotilla è ora appeso a un filo. Mentre si avvicina il momento critico, le preoccupazioni per la sicurezza degli attivisti aumentano. Resta da vedere se il dialogo diplomatico potrà preservare la vita di quanti sono determinati a portare aiuti umanitari a Gaza, o se prevalerà la stessa logica di scontro del passato.

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