Solo 1 su 4 dei palestinesi arrestati a Gaza è un “combattente” | La verità che nessuno vuole sentire!

Solo un quarto dei palestinesi arrestati a Gaza è un combattente. Scopri la verità sulle detenzioni indiscriminate e le storie dimenticate. 📜✊

A cura di Redazione
04 settembre 2025 08:42
Solo 1 su 4 dei palestinesi arrestati a Gaza è un “combattente” | La verità che nessuno vuole sentire! -
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Solo uno su quattro dei palestinesi arrestati a Gaza è un “combattente”, secondo i database israeliani

Roma – Un’indagine condotta dal Guardian, insieme a +972 Magazine e Local Call, ha rivelato un dato scioccante: solo uno su quattro dei palestinesi arrestati a Gaza può essere effettivamente identificato come combattente da fonti di intelligence israeliane. La ricerca dimostra che la vasta maggioranza dei detenuti sono civili, senza alcuna accusa formale, spesso anziani, malati o bambini.

Il report sottolinea quanto la situazione attuale contrasti con la narrativa ufficiale di Israele, che si avvale di un database contenente oltre 47.000 presunti militanti di Hamas e Jihad islamica. Tra i 6.000 arrestati nel maggio 2024, solo 1.450 erano registrati come combattenti, un sorprendente quarto del totale. Gli altri rappresentano una realtà drammatica, fatta di persone in difficoltà e vulnerabili, i cui diritti sono calpestati.

Fra gli esempi più toccanti, c’è la vicenda di Fahamiya al-Khalidi, un’anziana di 82 anni, malata di Alzheimer, arrestata insieme alla sua badante e detenuta per sei settimane. In un’altra storia, una madre di tre bambini è stata fermata a un posto di blocco, scambiata per la moglie di un omonimo militante, lasciando i suoi figli senza assistenza. Un ex hangar militare, ribattezzato “recinto geriatrico”, funge da carcere per anziani e disabili, dove un soldato ha affermato che “l’85-90%” dei prigionieri non ha legami con Hamas.

Anche le organizzazioni non governative confermano la gravità della situazione. Il centro per i diritti umani Al Mezan stima che solo uno su sei o sette detenuti possa avere rapporti marginali con le fazioni armate. In questo contesto, la legge israeliana consente detenzioni indefinite, che possono durare mesi senza contatti con avvocati o giudici, creando un terreno fertile per sparizioni forzate e incarcerazioni di massa.

Hassan Jabareen, direttore di Adalah, ha denunciato l’uso di questa legge come “uno strumento perfetto per la repressione dei diritti umani”. Anche all’interno dell’esercito israeliano non mancano ammissioni scottanti: alcuni ufficiali ammettono che i prigionieri civili vengono utilizzati come merce di scambio nei negoziati per il rilascio di ostaggi, un aspetto che aggrava ulteriormente la retorica già tesa e pericolosa che equates ogni arresto a un “terrorista”.

Le storie personali emergono in contrasto con la narrazione ufficiale, rivelando un’umanità che si perde tra numeri e statistiche. Donne incinte separate dai neonati, sedicenni scomparsi e famiglie distrutte testimoniano un dramma che sfida ogni giustificazione politica. Secondo i dati di HaMoked, a luglio 2024, Israele deteneva un record di 2.662 “combattenti illegali”, ma la realtà è ben diversa: dietro quell’etichetta si nascondono principalmente civili innocenti.

La confusione tra “combattenti” e civili è talmente radicata che, come affermato da un ufficiale nei rastrellamenti di Khan Younis, “non abbiamo fatto differenze tra chi il 7 ottobre ha oltrepassato il confine e chi lavorava all’acquedotto”. La caccia indiscriminata ai presunti militanti sembra quindi minacciare non solo la pace, ma anche la dignità di migliaia di individui innocenti.

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