Una pec anonima cambia il destino di tre figli | I servizi sociali o il vero dramma dietro la denuncia?
Una madre racconta il dramma della separazione dai figli: un’accusa di maltrattamenti e un prelevamento traumatico. La sua storia è straziante. 👩👧👦💔
La denuncia shock della madre: “Con una PEC ai servizi sociali i figli diventano adottabili”
Una vicenda inquietante e complessa è emersa da un recente comunicato di una donna di Fonte Nuova, che ha raccontato la sua drammatica esperienza dopo che i suoi tre figli le sono stati sottratti dai servizi sociali.
Una email inviata a giugno 2024 ai servizi sociali di Fonte Nuova ha dato inizio a una serie di eventi drammatici. Nella missiva si denunciavano maltrattamenti sui minori da parte della madre, con riferimenti a “grida” e “percosse”. La donna, conosciuta come A., ha descritto il suo calvario, iniziato il 7 ottobre, giorno in cui i suoi tre figli sono stati prelevati da un forte dispiegamento di forze, composto da assistenti sociali, carabinieri e vigili urbani.
Secondo il racconto di A., durante il prelevamento ha subito minacce dalla dottoressa: “Vieni con me in ospedale o ti lego prima e ti sediamo”. Un momento che ha portato la madre a svenire due volte, evocando immagini di panico e confusione. Da quel giorno, A. non ha più avuto rapporti significativi con i suoi figli: solo due videochiamate di mezz’ora a settimana.
I bambini, di 16, 14 e 11 anni, le scrivono messaggi toccanti, esprimendo quanto le manchi e chiedendosi perché la loro vita sia cambiata radicalmente. Frasi come: “Io non smetterò mai di scriverti” e “Ieri quanto ho pianto” riflettono un dolore profondo, accentuato dalla separazione forzata.
Le dichiarazioni legali di A. e il suo avvocato hanno sollevato interrogativi sul processo che ha portato alla decisione di adottabilità dei minori. “Non ci sono evidenze concrete, come lividi o segnalazioni scolastiche per maltrattamenti,” ha sottolineato l’avvocato. La fretta con cui è stato avviato l’iter per l’adozione dei figli ha suscitato dubbi sulla provenienza della denuncia anonima, che potrebbe essere stata inviata da un vicino di casa con cui A. ha avuto conflitti.
In un contesto già complicato, i problemi di salute mentale e comportamentali del figlio più grande avevano spinto A. a cercare aiuto, ma i servizi sociali non erano stati di supporto. A. ha descritto la sua lotta per ottenere diagnosi e trattamenti, fino a quando finalmente ha ottenuto l’affido super esclusivo dei suoi figli. “Nonostante avessi chiesto aiuto, ero rimasta sola nella mia battaglia.”
Il quadro familiare è ulteriormente aggravato dalla figura del padre, absent from the scene, trasferitosi in Spagna. A. ha cercato sostegno nei servizi sociali, sperando che potessero fornire l’assistenza di cui aveva bisogno, ma le risposte sono state scoraggianti, spesso vanificando i suoi sforzi.
“All’epoca del prelevamento, i miei bambini erano pietrificati e spaventati. Mi scrivono e chiamano di nascosto, con paura delle conseguenze.” L’ansia e la paura per la sorte dei suoi figli così come il terrore di un’adozione forzata la perseguitano, portandola a lanciare un appello disperato: “Se li danno in adozione, penso che muoio”.
Questa vicenda solleva interrogativi cruciali sull’operato dei servizi sociali e sulle procedure che regolano le decisioni relative alla famiglia e alla protezione dei minori. La richiesta di giustizia di questa madre, e il grido di dolore dei suoi bambini, rimangono in attesa di una risposta.