CEO italiani sopra i 60 anni | Perché il loro ricambio non solo è bloccato, ma danneggia l'innovazione

Scopri perché gli amministratori delegati italiani, tra i più anziani d'Europa, limitano l'innovazione nelle aziende. Un futuro da ripensare! 🚀👩‍💼📊

A cura di Redazione
29 aprile 2025 14:37
<p><strong>CEO italiani sopra i 60 anni | Perché il loro ricambio non solo è bloccato, ma danneggia l'innovazione</strong></p> -
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Gli amministratori delegati italiani tra i più anziani d’Europa, un fenomeno preoccupante

Roma, 29 aprile 2025 – Un’indagine condotta da Heidrick & Struggles ha rivelato che gli amministratori delegati italiani sono i più anziani d’Europa, secondi solamente agli Stati Uniti. Oltre la metà di questi manager ha più di 60 anni, un dato che solleva interrogativi seri sulla capacità di innovazione e rinnovamento delle aziende italiane.

Secondo il report annuale ‘Route To The Top’, il dato anagrafico dei CEO italiani ha subito un incremento significativo, con un aumento di circa dieci anni rispetto al 2024. I numeri parlano chiaro: solo il 13% degli amministratori delegati in Italia ha assunto l’incarico prima dei 45 anni, mentre la maggior parte si trova a ricoprire questi ruoli dopo i 55.

La questione della diversità di genere

Un ulteriore aspetto critico è rappresentato dalla scarsa presenza femminile nei vertici aziendali. Solo un CEO, Giuseppina Di Foggia di Terna, è donna tra le 40 aziende quotate al Ftse. Altro dato allarmante è che solamente il 3% degli amministratori delegati sono donne, un numero che rimane ben al di sotto delle medie europee, come quelle di Francia, Finlandia e Danimarca, dove le percentuali di donne in posizioni decisionali oscillano tra l’8 e il 13%.

Le parole di Niccolò Calabresi

Niccolò Calabresi, Managing Partner Southern Europe di Heidrick & Struggles, mette in evidenza le problematiche che ostacolano il rinnovamento generazionale. “Il primo problema riguarda il tempo di permanenza nei ruoli, che impedisce il ricambio di talenti. Il secondo è la stasi della presenza femminile nelle posizioni apicali.” Secondo Calabresi, il fenomeno è aggravato dalla tendenza delle donne a candidarsi solo quando soddisfano il 100% dei requisiti, a differenza degli uomini che si presentano anche con qualifiche inferiori.

Un futuro incerto

Questa mancanza di diversità nei vertici aziendali limita drasticamente le opportunità di innovazione e contaminazione, fattori chiave per il successo delle organizzazioni moderne. L’assenza di un ricambio generazionale e la scarsità di candidati femminili mettono a rischio non solo la competitività delle aziende italiane, ma anche la loro capacità di affrontare le sfide future.

In un contesto mondiale, dove molti paesi stanno iniziando a riconoscere l’importanza della diversità nella leadership, l’Italia sembra trovarsi indietro. Riuscirà il nostro paese a invertire questa tendenza e a valorizzare nuovi talenti, sia uomini che donne, per costruire un futuro aziendale più dinamico e innovativo? Solo il tempo potrà darci una risposta.

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