La lettera scioccante del Colonnello Calcagni | Lo Stato tradisce i suoi soldati?
Colonnello Calcagni denuncia: 22 anni di lotta dopo la contaminazione in missione. Chiede giustizia a Crosetto e Meloni, speranza non ancora esaudita. 🇮🇹💔

Calcagni a Crosetto e Meloni: “Nessuna risposta dallo Stato, io in guerra da 22 anni”
ROMA – Il colonnello dell’Esercito Carlo Calcagni, divenuto simbolo della lotta contro le conseguenze dell’uranio impoverito, ha inviato una lettera aperta al Ministro della Difesa Guido Crosetto e al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, esprimendo il suo profondo senso di tradimento da parte dello Stato. La sua missiva, che riporta un appello accorato, sottolinea il dolore e la lotta di chi ha servito la Patria, ma oggi vive con le gravi conseguenze di una contaminazione avvenuta durante una missione di pace nei Balcani nel 1996.
“Scrivo con il rispetto che si deve alle Istituzioni, ma anche con il peso e il dolore di chi ha servito lo Stato fino a sacrificare la propria salute”, esordisce Calcagni, che da ventidue anni affronta una vita caratterizzata da continui trattamenti medici, tra cui oltre 300.000 cicli terapeutici. La sua denuncia non è solo personale: “Lotto anche per gli oltre 10.000 militari italiani contaminati come me, molti dei quali non ci sono più.”
In un passaggio particolarmente toccante, il colonnello ricorda un incontro avvenuto quattro anni fa con Meloni, la quale, in quel periodo all’opposizione, aveva elogiato il suo coraggio e la sua dignità. Calcagni riprende le sue parole, “Quelle parole mi diedero speranza. Ma oggi, da Presidente del Consiglio, quello stesso Stato non ha fatto nulla per dimostrare il valore di una persona che ha servito con onore il Paese.” La mancanza di azioni concrete da parte delle istituzioni sembra rappresentare per lui una ferita aperta.
Calcagni si rivolge poi al Ministro Crosetto, evidenziando un interrogativo irrisolto che pesa su di lui: “Da oltre un anno, l’interrogazione parlamentare che La riguarda giace ignorata. Qual è il rispetto per le mozioni approvate all’unanimità da decine di Comuni italiani?” La sua richiesta di giustizia si fa sempre più urgente, delineando un quadro in cui il silenzio istituzionale sembra assordante e colpevole.
“Volete passare alla storia come chi ha voltato le spalle ai propri soldati?” è l’ultimatum che Calcagni lancia ai leader politici, chiedendo loro di agire con coraggio e di schierarsi dalla parte della verità. Mentre alcuni comuni, come quello di Poggio Catino, gli conferiscono la cittadinanza onoraria, Calcagni si sente comunque deluso dalla disattenzione e dall’inefficienza dell’apparato statale.
“Io continuerò la mia missione, anche da malato, anche da solo,” conclude il colonnello, promettendo di non tacere più e di testimoniare sempre la verità, non solo per se stesso, ma per tutti quei soldati che non hanno avuto la sua stessa fortuna di sopravvivere. La lettera si chiude con una ferma intenzione: mai arrendersi, “nonostante tutto e tutti, costi quel che costi.”
Questo appello, carico di emozione e determinazione, mette in luce non solo le lotte di Calcagni, ma anche una questione più ampia e delicata: il dovere dello Stato nei confronti dei propri soldati.