Il ritorno del plagio in Italia | La verità dietro l'allerta 'sette' che potrebbe minacciare la libertà di tutti!
Rischi di reintrodurre il reato di plagio con i nuovi ddl? Scopri l’allarme della psicologa Raffaella Di Marzio! 🧠⚖️

La denuncia del Lirec: “Con la scusa delle ‘sette’ può tornare il reato di plagio in Italia”
Roma – Un allerta preoccupante sulla possibile reintroduzione del reato di plagio in Italia arriva da Raffaella Di Marzio, psicologa delle religioni e direttrice del centro studi Lirec. Secondo Di Marzio, i due disegni di legge attualmente in discussione al Senato, che trattano della manipolazione mentale ed emotiva, potrebbero di fatto riabilitare una normativa abrogata nel 1981 dalla Corte Costituzionale.
Il rischio di una “mina vagante”
La questione centrale riguarda la difficoltà di misurare la manipolazione in un contesto giuridico. Imputare comportamenti di manipolazione mentale, che non presentano riscontri oggettivi come altri reati, potrebbe generare incertezze e abusi di interpretazione. Secondo la Di Marzio, l’idea di reintrodurre il reato di plagio sotto nuove formulazioni rappresenta una seria minaccia alla libertà individuale.
Il caso emblematico di Aldo Braibanti
Un richiamo significativo è il caso di Aldo Braibanti, che nel 1968 fu accusato di plagio nei confronti del suo compagno, Giovanni Sanfratello, a causa della loro omosessualità. Questo episodio controverso ha sollevato forti critiche da parte di intellettuali dell’epoca, contribuendo alla consapevolezza sulla pericolosità del reato di plagio. “L’incostituzionalità del reato di plagio fu stabilita dalla Corte costituzionale nel 1981,” spiega Di Marzio, riecheggiando le pesanti implicazioni legali e morali di quel processo.
Nuove leggi e allarmismi ingiustificati
Attualmente, i disegni di legge in discussione sono alimentati da una narrazione che enfatizza il rischio rappresentato da sette e guru per la società. “L’allarme riguarda principalmente la manipolazione mentale e le potenziali coercizioni sottili,” sottolinea Di Marzio, evidenziando come tali affermazioni non trovino fondamento in dati oggettivi. La preoccupazione è che la legislazione possa essere usata per colpire idee non convenzionali e stili di vita alternativi.
Le minoranze religiose in discussione
La situazione solleva anche interrogativi per le minoranze religiose, spesso etichettate come sette da narrazioni mediatiche riduttive. Di Marzio spiega come le leggi attuali permettano già di perseguire condotte criminali, senza la necessità di una nuova definizione di plagio. “Non c’è una definizione accettata di cosa sia una setta,” avverte, richiamando l’attenzione sul fatto che l’uso del termine può portare a stigmatizzazione e discriminazione.
Rischi per le famiglie e la libertà individuale
L’analisi di Di Marzio si estende anche ai rischi legati a situazioni familiari complesse, dove accuse di manipolazione mentale possono intrecciarsi con dinamiche di separazione. Questa problematica colpisce la libertà di scelta religiosa e le relazioni genitori-figli, rendendo le dispute familiari ancor più delicate. “La manipolazione mentale non è un concetto misurabile oggettivamente,” evidenzia Di Marzio, rendendo chiara la necessità di valutazioni più cautelose.
Un invito al dialogo
Facendo eco alle sue preoccupazioni, Di Marzio auspica che ci siano audizioni al Senato che coinvolgano esperti e rappresentanti delle minoranze religiose, affinché il dibattito sia informato e bilanciato. La paura è che, con un approccio frettoloso alla legislazione, si rischi di ripetere la storia di Aldo Braibanti, colpendo individui per il solo fatto di appartenere a gruppi considerati “strani”.
In sintesi, la denuncia del Lirec e le parole di Raffaella Di Marzio evidenziano come le attuali proposte di legge necessitino di un’attenta riflessione, affinché i diritti di tutti non siano minacciati da percezioni distorte e allarmismi infondati.