Fascisti, comunisti e doppiopesisti: perché le frasi di Mieli a 'In Onda' hanno incendiato i social (VIDEO)
(Adnkronos) - Tre giorni dopo la puntata del 3 agosto, il botta-e-risposta tra Paolo Mieli da una parte, e Luca Telese, Marianna Aprile e Giovanna Botteri dall’altra, il frammento di “In Onda” (La7) in cui l’editorialista del “Corriere”

(Adnkronos) - Tre giorni dopo la puntata del 3 agosto, il botta-e-risposta tra Paolo Mieli da una parte, e Luca Telese, Marianna Aprile e Giovanna Botteri dall’altra, il frammento di “In Onda” (La7) in cui l’editorialista del “Corriere” contesta il linguaggio usato in Italia per etichettare il terrorismo - “nero” spesso definito “neofascista”, mentre quello “rosso” non viene mai chiamato “comunista” - è rimbalzato su X e Facebook in forma di clip e thread, polarizzando le letture della memoria degli anni di piombo.
Nel dibattito sulle responsabilità storiche, commentando anche un’ “Amaca” di Michele Serra in occasione dell’anniversario della strage di Bologna, Mieli ha parlato di “doppiopesismo lessicale”: nelle commemorazioni, nelle targhe e nelle sentenze, ha osservato, non si trova scritto che "qui i comunisti uccisero qualcuno" o "qui i comunisti uccisero Aldo Moro”, pur trattandosi di terrorismo di matrice marxista-leninista; al contrario, per Bologna si parla spesso di “strage neofascista”.
Botteri ha replicato che le Brigate Rosse nel momento più duro della lotta armata hanno ammazzato anche comunisti e sindacalisti, tesi cui Mieli ha contro-obiettato ricordando innanzitutto che le uccisioni di comunisti da parte dei comunisti “erano un classico dal 1917” e richiamando analoghi conflitti tra estremisti di destra e Msi: “anche il Movimento sociale era considerato un traditore” dai violenti di destra. Se la distanza dal partito “madre” vale per i brigatisti, dovrebbe valere anche per i neofascisti.
E visto che si parla di definizioni contenute nelle sentenze, c’è un ulteriore elemento emerso dopo la fiammata sulle parole di Mieli: nessun giudice sciolse il Msi per riorganizzazione del partito fascista secondo la legge Scelba, mentre questo avvenne nel caso di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
Il cuore della polemica è lessicale ma profondamente politico: legare gli atti terroristici a un’etichetta ideologica (“fascista” / “comunista”) significa, per alcuni, chiamare le cose con il loro nome; per altri, rischia di trascinare partiti e culture politiche che quegli atti non hanno promosso, o che furono bersaglio degli stessi terroristi.
Su X, la clip è stata accolta da molti utenti con entusiasmo per aver “rotto un tabù” sul linguaggio con cui si raccontano gli anni ’70-’80; il sito di Nicola Porro ha titolato “Mieli dice la verità, panico a La7”, simili reazioni da testate come "Secolo d'Italia", "Tempo" e "il Giornale". Non sono mancate reazioni dure come quella della giornalista Chiara Geloni: “Le Brigate rosse li ammazzavano, i comunisti. Moro lo hanno ucciso perché coi comunisti ci parlava. Queste cose me le ha insegnate mio padre, democristiano. La vicinanza e qualche volta i rapporti diretti tra terrorismo nero e Msi sono scritti nelle sentenze. Mieli, vergogna”. A questo post ha risposto, tra gli altri, il vicedirettore del “Foglio” Maurizio Crippa: “Quindi le Br non erano comuniste. Erano democristiani che sbagliavano. Anzi della CIA. Ci sono decenni di sentenze che hanno smentito queste ca**ate. Erano comunisti”.
Lo stesso Mieli precisa che lui non definirebbe attentati “comunisti” le azioni delle Brigate Rosse, ma che c’è un chiaro doppio standard quando si parla dell’ “album di famiglia”, cioè di quel retroterra culturale comune descritto nel famigerato editoriale di Rossana Rossanda sul ‘manifesto’ del 28 marzo 1978, in pieno sequestro Moro: “In verità, chiunque sia stato comunista negli anni cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare l’album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria”.
Non a caso in quegli anni era diffusa la locuzione “compagni che sbagliano” (frase che però non ha un’origine certa, e da cui Berlinguer prese le distanze) per definire chi aveva abbracciato la lotta armata.