Capitale umano in crisi: l'Italia è davvero destinata a soccombere?
Scopri l'analisi di Ubaldo Livolsi sulla crisi del capitale umano in Italia: dal calo demografico all'innovazione. È ora di agire! 🚀📉👩🎓


Capitale umano: la vera crisi strutturale dell’Italia
Roma, 17 settembre 2025 – Nel dibattito economico attuale, si sottovaluta spesso l’importanza del capitale umano nel definire le sfide strutturali del nostro Paese. Questa affermazione proviene da Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., che ha recentemente condiviso le sue preoccupazioni riguardo alla situazione italiana.
Un quadro allarmante emerge dai dati demografici: nel 2024, infatti, la natalità ha raggiunto un minimo storico, con soli 370.000 nuovi nati, come riportato dall’Istat. Parallelamente, una percentuale preoccupante della popolazione giovanile, circa il 15,2%, risulta essere Neet, ovvero non impegnata in educazione, lavoro o formazione. Questo si traduce in circa 1,34 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni senza prospettive.
La crisi non si limita all’aspetto demografico, ma si estende anche alle retribuzioni. Secondo il rapporto dell’Ocse Employment Outlook 2025, l’Italia ha registrato il calo più significativo dei salari reali, con un decremento del 7,5% rispetto ad altri Paesi avanzati. In aggiunta, la crescita media del Pil pro capite negli ultimi vent’anni è stata solo dello 0,4%, una cifra che rappresenta meno della metà rispetto alla media europea.
Un altro aspetto critico è l’innovazione, con il Paese che destina appena lo 0,03% del proprio Pil al venture capital. Le cifre parlano chiaro: le famiglie italiane, nonostante una ricchezza netta di 11.000 miliardi di euro, investono solo una frazione di questa in azioni e partecipazioni.
Livolsi ha articolato tre ambiti fondamentali su cui è urgente intervenire. In primo luogo, il sistema di istruzione, università e rapporto scuola-lavoro necessita di un netto miglioramento, in modo da colmare il gap con i Paesi nordici e ridurre la dispersione scolastica, che attualmente tocca il 9,8%, superiore alla media Ue.
La ricerca e l’innovazione rappresentano il secondo punto critico. Con un investimento dell’1,5% del Pil in ricerca e sviluppo, l’Italia è ben lontana dagli obiettivi europei fissati al 3%. Livolsi sottolinea anche l’instabilità normativa che caratterizza il credito d’imposta per la R&S, creando incertezze tra le imprese.
Infine, la finanza per la crescita deve essere riformata. Attualmente, la capitalizzazione delle Borse italiane corrisponde solo al 38% del Pil, un dato notevolmente inferiore rispetto a quello di Francia e Germania. Con investimenti in private equity e venture capital che nel 2024 hanno raggiunto i 14,9 miliardi di euro, ci si trova comunque a una distanza considerevole dai principali mercati europei.
In conclusione, Livolsi ammonisce: “Senze un canale che trasformi più risparmi in capitale per le imprese, non potrà esserci crescita sostenibile”. La sua analisi chiara e allarmante sottolinea la necessità di una riflessione profonda e di azioni concrete per affrontare la crisi del capitale umano in Italia.