Partiti, Follini: "Sono vivi quando discutono, e anche quando litigano"
(Adnkronos) - "Per sentirsi vivi, i partiti avrebbero bisogno di litigare un po’. E tanto più quando i conti non tornano, i voti non bastano e le prospettive si fanno più difficili. Litigare con se stessi piuttosto che inveire contro gli


(Adnkronos) - "Per sentirsi vivi, i partiti avrebbero bisogno di litigare un po’. E tanto più quando i conti non tornano, i voti non bastano e le prospettive si fanno più difficili. Litigare con se stessi piuttosto che inveire contro gli altri. O almeno discutere in quel modo che la diplomazia battezza come 'franco e cordiale'. Si, lo so che questo argomento appare stonato. E infatti il litigio non va più di moda. Si incassano sconfitte, si perdono voti. Ma un certo galateo impone che non ci si dia addosso gli uni con gli altri e che con la scusa del prossimo appuntamento elettorale (ce n’è sempre uno alle viste) si chieda semmai di serrare i ranghi e di dar prova di unità.
Così, ad esempio, la Lega perde voti su voti e quasi ogni volta i suoi numeri elettorali registrano un segno meno ma nessuno dei suoi dirigenti e amministratori sembra indotto a chiedersi, almeno pubblicamente, apertamente, se c’è qualcosa che non va, qualcosa da correggere. Così, ancora, il partito democratico ha perso più del dovuto nelle Marche ma nessuno s’è sognato di mettere in questione il modo in cui la leadership s’è mossa fin qui, il sistema di alleanze che ha messo in piedi, l’agenda programmatica che s’è data, e via elencando.
Troppo facile ricordare che una volta si discuteva, e si litigava, anche troppo. E che i leader della prima repubblica si dovevano costantemente guardare le spalle dal tramestio delle correnti e dalle inquietudini dei loro cari. E troppo facile sospettare che dietro l'apparente placidità dei nostri giorni si nascondano movimenti assai meno improntati allo spirito della lealtà e dell’amicizia. Ma appunto la parola chiave è 'nascosto'. Come a dire che la dialettica che si svolge nei partiti, in tutti i partiti, di ieri e di oggi (e ragionevolmente anche di domani) ha sempre due volti. Uno pubblico e uno, appunto, nascosto. Il fatto che le discussioni avvengano al riparo dalla pubblica opinione può sembrare una forma di galateo. E invece maschera a stento la fatica di confrontarsi, rispecchiando le proprie difficoltà e le proprie divergenze.
I partiti sono vivi quando discutono, e anche quando litigano. Quando invece fanno finta di andare tutti d’amore e d’accordo finiscono per nascondere la polvere dei loro dissidi sotto il tappeto della loro retorica. Ma si tratta quasi sempre di una retorica fasulla, che finisce per tradire una mancanza di fiducia in se stessi, nei propri colleghi, amici o compagni che dir si voglia e soprattutto nei propri elettori. I quali vengono trattati come bambini a cui si racconta una tavoletta che non è quasi mai del tutto vera.
Ci sarebbe bisogno allora di riaprire una più autentica dialettica politica. E di farlo alla luce del sole. Tutto quello che viene nascosto, edulcorato e diplomatizzato finisce infatti solo per mettere ancora più in evidenza la frattura che s’è prodotta tra il sistema politico e l’elettorato. Ai nostri giorni viene concesso molto poco ai poveri elettori di cui sopra. Essi sono stati spossessati della possibilità di scegliere i loro rappresentanti. E nel frattempo debbono far finta di credere che tutte le difficoltà, le battute d’arresto, i dissidi che turbano i sonni dei loro dirigenti siano un’invenzione dei media e dei social.
Non stupisce che per questa via la diffidenza delle persone verso la politica raggiunga punte sempre più elevate. E’ tutto il racconto della nostra vita pubblica che ormai viene spezzato in due. Diviso tra una finta retorica che vorrebbe celebrare i fasti dell’unità dei partiti raccolti intorno ai loro leader. E una vera contesa che viene invece confinata nell’angolo dei retroscena. Non stupisce che per questa via la disaffezione elettorale raggiunga ogni giorno vette più alte. A questo punto servirebbe a tutti, vincenti e perdenti, qualche litigio più autentico. In luogo di celebrazioni a cui nessuno ormai sembra credere più di tanto". (di Marco Follini)