Caso Garlasco, Meritocrazia Italia: "Ossessione mediatica, occorre valutazione politica"
(Adnkronos) - "Tra i tanti problemi che affliggono la quotidianità di una nazione appare davvero discutibile la 'ossessione del delitto di Garlasco' che riempie notizie e spazi televisivi in un modo da più considerato eccessivo. Questa p

(Adnkronos) - "Tra i tanti problemi che affliggono la quotidianità di una nazione appare davvero discutibile la 'ossessione del delitto di Garlasco' che riempie notizie e spazi televisivi in un modo da più considerato eccessivo. Questa premessa va di pari passo con la legittima libertà di stampa che obiettivamente non può subire suggerimenti o diktat". Lo afferma il presidente nazionale di Meritocrazia Italia Walter Mauriello spiegando che l'interesse è "ad aprire a una riflessione ampia di metodo con il solo intento di garantire l’equilibrio informativo e anche la vita di soggetti che vengono tirati in ballo e dichiarati presumibilmente responsabili senza che per loro si sia neanche aperto un processo. Tutto ciò ha dell’assurdo e merita una valutazione politica".
"I cittadini meritano di essere informati su tutto ad ampio spettro senza cadere nelle ossessioni che fanno venire il dubbio che interessino o per sviare l’attenzione da altri problemi o per focalizzare le attenzioni su focus determinati - continua Mauriello - La vicenda di Garlasco, il delitto per cui da quasi dieci anni è in carcere Alberto Stasi (sia pure oggi in regime di semilibertà) a seguito di sentenza definitiva basata su prove recentemente e ossessivamente messe in discussione, riapre i riflettori – è il caso di dirlo – su un aspetto oscuro del nostro sistema di comunicazione: i processi mediatici".
"Con questa locuzione si indica il fenomeno per cui i mass media creano un 'giudizio parallelo' e deformato degli eventi, spesso caratterizzato da spettacolarizzazione e retorica colpevolista, che può distorcere la realtà, influenzare l’opinione pubblica e la formazione del convincimento dei giudici, oltre a produrre conseguenze devastanti sulla reputazione e la vita delle persone coinvolte, a prescindere dalla loro colpevolezza o innocenza", prosegue il presidente di Meritocrazia Italia.
"Il caso più famoso è quello di Enzo Tortora, il presentatore televisivo arrestato nel 1983 con un’accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico rivelatasi poi infondata ma che gli costò tre anni di odissea fra carceri e gradi di giudizio nonché un’abnorme sofferenza probabile concausa della sua morte prematura - aggiunge Mauriello - In quell’occasione, la spaccatura degli italiani fra innocentisti e colpevolisti fu esacerbata dallo stesso sistema mediatico da cui Tortora proveniva, che non resisté alla tentazione di capitalizzare in termini di ascolti – all’epoca si parlava di 'gradimento' – la notorietà dell’accusato, e ne mise su piazza il dramma senza riguardo all’accuratezza dei dati e alle possibili conseguenze processuali".
"In questo e in ogni caso analogo, la sineddoche implicita nella comunicazione, a causa della quale il particolare vale come il generale e il rischio della paralogia – ossia della deduzione illogica – è permanentemente in agguato, finisce sempre per fare emergere gli elementi probatori quali 'prove indubitabili', così generando nel pubblico la tendenza a condannare prima del giudizio ufficiale, ad onta del principio della presunzione d’innocenza e del giusto processo", prosegue.
"La decisione popolare, resa dal tribunale dell’opinione pubblica in assenza di qualunque tipicità del fatto e mescolando diritto, morale e senso comune (il reato è ciò che appare tale), anticipa quella del giudice, destinata ad arrivare troppo tardi, quando non vi è più alcun interesse a conoscerla, e a essere percepita, se assolutoria, come sorprendente, sbagliata e ingiusta - precisa Mauriello - Una cosa è certa: la verità si afferma durante il processo davanti al giudice con il pieno esercizio del diritto di difesa, e di tutte le garanzie processuali, non nella fase delle indagini dove la pubblica accusa è in grado di raccogliere solo una verità parziale, cioè di parte, senza il necessario apporto del contraddittorio con chi ha o può avere un’alternativa versione dei fatti, chi cioè viene accusato di averli commessi e che potrebbe dimostrare qualcosa di diverso".
"I processi devono svolgersi nella loro sede naturale, ovvero nelle aule di giustizia secondo le regole della procedura penale e con le garanzie previste anche dalla Costituzione", continua Meritocrazia Italia ribadendo le sue proposte: "Necessità di una rigida regolamentazione dell’accesso alla notizia criminis da parte degli organi di informazione come pure per i contatti tra gli organi inquirenti e la stampa nella fase delle indagini preliminari; normativa ad hoc, anche di natura deontologica, che renda effettive le sanzioni per i responsabili della rivelazione del segreto istruttorio; introduzione di strumenti atti a garantire una par condicio, come avviene per i dibattiti politici, nella divulgazione e nell’approfondimento di casi giudiziari volti a evitare disparità di trattamento tra i soggetti che presumibilmente hanno subito un’ingiustizia".
Ma a monte di tutto ciò, Meritocrazia Italia torna "su un suo classico cavallo di battaglia, ossia l’esortazione a enti e istituzioni affinché si impegnino nell’organizzazione di incontri e seminari presso le scuole di ogni ordine e grado, onde sensibilizzare i giovani al valore della legalità e del rispetto, e di far conoscere e apprezzare modelli virtuosi".
"Si crei, si pubblichi e si divulghi un elenco di libri, film, opere teatrali e musicali divise per fasce di età e ambito di riferimento, al fine di superare i modelli aggressivi divulgati dai mass media e porre sotto i dovuti riflettori quelli positivi - conclude - Pare questa la miglior premessa a una generazione di cittadini capaci di sfuggire alla 'trappola della sineddoche' e trattare ogni imputato per quel che costituzionalmente è: innocente sino a sentenza definitiva".