Paesi sicuri, Palazzo Chigi: "Sorpresi per decisione Corte Ue, ridotta autonomia governo e Parlamento"
(Adnkronos) - Fino all'entrata in vigore di un nuovo regolamento destinato a sostituire la direttiva attualmente applicabile, uno Stato membro dell’Ue non può designare come Paese di origine “sicuro” un Paese terzo che non soddisfi, per

(Adnkronos) - Fino all'entrata in vigore di un nuovo regolamento destinato a sostituire la direttiva attualmente applicabile, uno Stato membro dell’Ue non può designare come Paese di origine “sicuro” un Paese terzo che non soddisfi, per alcune categorie di persone, le condizioni sostanziali di questa designazione. Lo stabilisce la Corte di Giustizia dell’Ue, nella sentenza che riguarda il caso di due cittadini del Bangladesh che erano stati portati dalle autorità italiane in un Cpt in Albania.
"Sorprende la decisione della Corte di Giustizia Ue in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche", sottolinea una nota di Palazzo Chigi.
"La Corte di Giustizia Ue - prosegue il comunicato - decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano. È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti - incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza - perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti nell’indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio".
"La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali. È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea. Il Governo italiano - conclude la nota - per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini".
Nel Cpt in Albania, i due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare, avevano presentato una domanda di protezione internazionale, la quale - esaminata secondo la procedura accelerata di frontiera - è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il Bangladesh è considerato “sicuro”.
I due hanno fatto ricorso al Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla Corte di Giustizia per chiarire l'applicazione del concetto di Paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Il giudice sostiene che, contrariamente al regime precedente, l'atto legislativo dell’ottobre 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del Paese.
Pertanto, sia il richiedente sia l'autorità giudiziaria si troverebbero privati della possibilità, rispettivamente, di contestare e controllare la legittimità di questa presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, l'autorità, l'affidabilità, la pertinenza, l'attualità e l'esaustività delle fonti. La Corte risponde che il diritto dell'Unione non osta a che uno Stato membro proceda alla designazione di un Paese terzo quale Paese di origine sicuro mediante un atto legislativo, purché la designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo.
La Corte sottolinea anche che le fonti di informazione su cui si fonda la designazione di Paese terzo sicuro devono essere "sufficientemente accessibili", sia per il richiedente che per il giudice. Questa prescrizione mira a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, consentendo al richiedente di difendere efficacemente i suoi diritti e al giudice nazionale di esercitare pienamente la propria funzione giurisdizionale.
Peraltro, il giudice può, quando verifica se la designazione rispetti le condizioni previste dalla direttiva, tener conto delle informazioni raccolte, a condizione di verificarne l'affidabilità e di garantire a entrambe le parti la possibilità di presentare le loro osservazioni su queste informazioni supplementari.
Finché la direttiva in vigore non sarà sostituita dal nuovo regolamento, comunque, non sarà possibile designare come Paese terzo sicuro un Paese che non lo sia per tutta la sua popolazione. Il nuovo regolamento, che consente di prevedere eccezioni per alcune categorie di persone chiaramente identificabili e che quindi dovrebbe consentire di risolvere questo problema (cioè il fatto che ad oggi, a norma di legge, un Paese non può essere considerato sicuro se non lo è per la totalità della sua popolazione), entrerà in vigore il 12 giugno 2026, quindi tra meno di un anno. Ma il legislatore Ue, sottolinea infine la Corte, può anticiparne la data di entrata in vigore.
“Nessuno ‘remava’ contro il governo. Era stata proposta una interpretazione dai giudici italiani che oggi la Corte di giustizia dell’Unione europea dice essere corretta. E’ giusto saperlo, senza polemiche ma per amore di chiarezza”, afferma il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi.