L'allievo di Borsellino: "Dopo l'omicidio di Lima mi disse: 'Inizia la resa dei conti'"

(Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova) - “Era stato ucciso da poco l’europarlamentare democristiano Salvo Lima e ricordo nitidamente le parole di Paolo. Mi guardò dritto negli occhi e mi disse: ‘Sai Diego, dopo l’omicidio di Salvo

A cura di Adnkronos Adnkronos
06 ottobre 2025 18:23
L'allievo di Borsellino: "Dopo l'omicidio di Lima mi disse: 'Inizia la resa dei conti'" -
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(Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova) - “Era stato ucciso da poco l’europarlamentare democristiano Salvo Lima e ricordo nitidamente le parole di Paolo. Mi guardò dritto negli occhi e mi disse: ‘Sai Diego, dopo l’omicidio di Salvo Lima, è iniziata la stagione della resa dei conti’. Ne era certo. Lo avvertivo dal suo sguardo. Era molto serio. E poco tempo dopo iniziò la stagione delle stragi”. A raccontarlo, mentre guarda con gli occhi lucidi la camera abitata nell’estate del 1985 daPaolo Borsellino e dalla moglie Agnese, è Diego Cavaliero, allievo, amico fraterno del giudice Paolo Borsellino e dei suoi figli. Cavaliero è sull’isola dell’Asinara, che nel 1985 divenne il palcoscenico di uno dei capitoli forse meno conosciuti ma più cruciali della lotta alla mafia. In questo luogo isolato, lontano da Palermo, due uomini stavano gettando le basi per un’impresa che avrebbe cambiato la storia d’Italia: il Maxiprocesso. I loro nomi erano Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Cavaliero lo racconta alla presenza di Lucia e Manfredi Borsellino. Lucia è arrivata qui per la prima volta dopo 40 anni da quell’estate che la vide anche ammalarsi. A organizzare l’incontro è stato Andrea Vacca, Presidente della Giunta esecutiva sezionale della Sardegna, in collaborazione con la commissione Legalità del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati e con la Giunta sezionale di Palermo guidata da Giuseppe Tango.  

Una due giorni per rendere omaggio ai due giudici a 40 anni da quando scrissero proprio sull’isola l’ordinanza sentenza del Maxiprocesso a Cosa nostra. Tra i presenti, oltre a Diego Cavaliero, anche Rino Germanà, il poliziotto che scampò all'attentato mafioso nel 1992, e altri due sopravvissuti alle stragi: Giovanni Paparcuri e Giuseppe Costanza. Una due giorni con tanti nomi illustri della magistratura sarda e palermitana. Per Anm, oltre all'organizzatore Andrea Vacca, hanno partecipato il segretario generale Rocco Maruotti, il componente della Giunta Giuseppe Tango e il presidente della commissione Legalità Gaspare Sturzo. Tra gli ospiti il procuratore generale di Cagliari Luigi Patronaggio, il procuratore di Cagliari Rodolfo Sabelli, il Pg di Palermo Lia Sava, Fernando Asaro, procuratore della Repubblica a Marsala e Antonio Balsamo, sostituto procuratore generale della Corte di cassazione. Ma anche Alessandra Camassa, Presidente del Tribunale di Trapani, Leonardo Agueci, ex Procuratore aggiunto di Palermo. E altri. È intervenuto anche il magistrato Pietro Grasso. Hanno inviato i loro videomessaggi il procuratore generale della Cassazione Pietro Gaeta, il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, del procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia. 

Cavaliero è un fiume in piena. “Ci vedemmo poi con Paolo il 28 giugno del 1992, quando io gli chiesi se voleva battezzare mio figlio appena nato. E lui mi e lui mi disse: ‘Te lo battezzo volentieri, lo levo dalle mani di un miscredente come te’. Perché ogni domenica mi toccava questa ‘punizione’ di andare alla messa”. 

Diego Cavaliero non parla volentieri. Per oltre un quarto di secolo ha tenuto i suoi ricordi come un tesoro prezioso da custodire gelosamente. Del suo rapporto con il giudice palermitano ha parlato solo nelle aule di giustizia di Caltanissetta, durante gli innumerevoli processi per fare luce sulla strage del 19 luglio 1992, ma senza giungere a nessuna verità. Qui, all’Asinara, è tornato indietro con i ricordi. Cavaliero incontra Borsellino, che è stato appena nominato procuratore capo a Marsala, quando viene assegnato come uditore giudiziario proprio alla procura di Marsala. I due magistrati, gli unici in servizio, a partire dal gennaio 1987, si dividono il lavoro a metà. I due vivono e lavorano in maniera simbiotica. Cavaliero diventa di casa dai Borsellino, frequenta la villetta di Villagrazia, fa amicizia coi figli, accompagna il giudice dalla mamma in via D’Amelio. Poi il giovane magistrato è costretto, per motivi familiari, a tornare a Salerno, ma ogni scusa è buona per incontrarsi. A Giovinazzo Paolo Borsellino, quel giorno di fine giugno 1992 confida a Cavaliero: “Diego, quando subisci la perdita di un parente caro, tu vai al suo funerale e piangi non solo perché ti è morto il parente o l’amico, ma perché sai che la tua fine è più vicina", racconta lo stesso ex magistrato che ha lasciato la magistratura anzitempo.  

“Dopo la morte di Falcone - racconta ancora Cavaliero - Paolo assunse un atteggiamento totalmente diverso. Prima parlava con me anche di indagini a Marsala. Lui diventò cupo, si chiuse totalmente. Sapeva che sarebbe stato ammazzato. Dato che pure le pietre sapevano che dopo la morte di Falcone sarebbe toccata a lui…”. E aggiunge: “Dove era lo Stato? Voi giudici dove eravate?”. 

Per Diego Cavaliero l’isola dell’Asinara, in particolare il luogo in cui vissero i due giudici nell’agosto di 40 anni fa, “è una sorta di Altare della Patria. I ricordi sono un fatto personale, che forse non interessano, però vorrei fare qualche riflessione su alcuni avvenimenti recenti”. Poi dice: “Io sono stato ‘figlio adottivo’ di Paolo Borsellino” e ricorda il legame con i figli del giudice. Tornando ancora indietro nel tempo ricorda: “Falcone e Borsellino hanno vissuto due vite parallele. Paolo diceva sempre: ‘Finché Falcone è vivo mi farà da parafulmine’”. 

Era turbato, Paolo Borsellino, in quei giorni, soprattutto dopo la strage di Capaci. “Vorrei che questo stesso turbamento fosse provato da determinati soggetti che si sono permessi, in questi giorni, di offendere in un modo meschino, disonesto, la famiglia Borsellino. A parte il fatto che essere senza neuroni per me è un onore, perché io mi ritengo il fratello ‘largo’ di Fiammetta, Manfredi e Lucia”, dice facendo riferimento alle intercettazioni registrate nell’abitazione dell’ex giudice Gioacchino Natoli in cui critica la vedova e i figli di Borsellino.  

Poi parla dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, scomparsa il giorno della strage. “Abbiamo questa famosa agenda rossa. Vorrei capire una cosa: Via D’Amelio, dopo la strage, raggiunge una temperatura degna della bomba di Hiroshima, si sciolgono i vetri delle macchine blindate. C’è qualcuno che ha il coraggio di entrare e di pendere questa agenda e di portarla via, al costo di morire fuso. Chi?”.  

E conclude: “Questa famiglia dopo oltre 30 anni dalla strage quotidianamente viene tirata per la giacchetta da qualche delinquente, nonostante loro non abbiamo mai presenziato ad anniversari, cortei, bandiere e chi più ne ha più ne metta. Non aggiunge altro se non che sono un soggetto senza neuroni…”. (di Elvira Terranova) 

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