Fine vita, il giurista Gambino: "Non sotto il Servizio sanitario, sì sotto un ente pubblico con medici volontari"
(Adnkronos) - Scade domani il termine per presentare i subemendamenti al disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito in discussione dallo scorso luglio a Palazzo Madama. E giovedì avrà seguito l'esame congiunto delle Commissioni


(Adnkronos) - Scade domani il termine per presentare i subemendamenti al disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito in discussione dallo scorso luglio a Palazzo Madama. E giovedì avrà seguito l'esame congiunto delle Commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato che hanno adottato un Ddl unificato a partire da alcuni disegni di legge precedentemente depositati, rispetto al quale i relatori, Pierantonio Zanettin (Fi) e Ignazio Zullo (Fdi), hanno già depositato in 7 emendamenti alcune modifiche proposte a loro firma.
Al centro del braccio di ferro tra maggioranza ed opposizione è quanto proposto dalle forze di maggioranza rispetto al ruolo del Servizio sanitario nazionale (Ssn): dal momento che le forze di maggioranza escludono che il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci di cui dispone a qualsiasi titolo il Servizio sanitario nazionale possano essere impiegati "per agevolare l’esecuzione del proposito suicidario", quelle di opposizione denunciano conseguentemente il rischio di una volontà di privatizzazione dell'assistenza al suicidio ed una incostituzionalità dell'emendamento in discussione dal momento che solo l'Ssn "è in grado di garantire l'universalità, l'equità e l'uguaglianza delle prestazioni su tutto il territorio. Impedire ai malati l'utilizzo è incostituzionale e rischia di privatizzare le pratiche del fine vita", senza contare la gratuità del servizio.
Ma è possibile immaginare un modello pubblico per il fine vita che seppur non gestito dall'Ssn garantisca universalità, eguaglianza, equità sul territorio nazionale e gratuità del servizio? "Sì, lo è - risponde all'Adnkronos il giurista Alberto Gambino, prorettore dell'università Europea e Commissario italiano della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza - Lo snodo per disinnescare sul nascere potenziali polemiche di chi dice che si vuole privatizzare l'assistenza al suicidio è definire come garantire una assistenza che, pur non essendo afferente al Servizio sanitario nazionale, sia competente e qualificata, in quanto svolta da medici e con i requisiti della gratuità e dell'essere un servizio pubblico. Del fine vita - prosegue il giurista - non deve necessariamente occuparsene la direzione sanitaria di un ospedale, può farlo un altro soggetto amministrativo pubblico che però non si occupi di cura dei malati, pur avvalendosi dell'assistenza di medici dell'Ssn, volontari come prevede la Corte costituzionale. La saggezza dei parlamentari deve quindi puntare a questo, individuando l'ente più idoneo".
Ci sono esperienze di medicina pubblica gratuita gestita dallo Stato ma non dall'Ssn che potrebbero fungere da modelli di riferimento? "Sì, ci sono già svariati casi dove i servizi sanitari sono erogati da medici sotto la vigilanza di un'amministrazione non sanitaria. Numerose sono le esperienze a riguardo: enti pubblici o anche il Ministero della Difesa, quello dell'Interno, la stessa amministrazione della Giustizia. Si pensi poi al caso della medicina scolastica" adesso soppressa per alcuni servizi o fortemente ridotta, che fu organizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione e istituzionalizzata con la legge 292/1961 e gestita dallo Stato fino agli anni '90.... Potrebbe essere quindi anche in questo caso un Ministero? "Nel caso del fine vita - risponde Gambino, che è anche membro del Comitato Nazionale di Bioetica - andrebbe coinvolta un'amministrazione legata a temi sociali o civili, un'amministrazione pubblica che si preoccupi di libertà e prerogative dei cittadini, potrebbe anche chiamarsi Ufficio per l'attuazione della 242 (che è il numero della sentenza della Corte costituzionale che nel 2019 ha aperto al suicidio assistito)".
Cosa cambia se il Fine Vita è gestito da un ente pubblico tramite medici dell'Ssn, ma non è amministrato dall'Ssn? "Cambiano il principio e l'impatto sociale - risponde il pro-rettore - Il servizio sanitario nazionale è deputato a somministrare cure e terapie. Noi non possiamo immaginare che l'assistenza all'assunzione di un veleno sia una terapia. L'autoassunzione di un veleno rientra nell'alveo delle libertà - secondo la Corte costituzionale - di un cittadino, che non richiede cure e terapie ma garanzia di assistenza da parte di un medico alla auto-somministrazione di un 'pharmacos', un veleno esiziale, utilizzato per morire e non per curare. La struttura deputata quindi non può essere un ospedale ma deve essere una struttura che si occupa di questa possibilità dei cittadini, di una prerogativa che - si badi bene - tecnicamente non è un diritto ma un atto non punibile, come indica la Corte. Altrimenti domani - conclude - si potrebbero creare nelle corsie d'ospedale con due frecce con scritto 'cura' da una parte e 'suicidio' dall'altra, con i soggetti più vulnerabili e in piena solitudine esistenziale a farne le spese, non certo le persone consapevoli; si tratterebbe di un ribaltamento del ruolo del Ssn con significative ripercussioni sulla percezione sociale della Sanità italiana". (di Roberta Lanzara)